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Peace is for pussies

Gli ultimi sette giorni di Peter Crumb di J. Glynn

petercrumb.jpgSe c’è un’espressione (non la chiamo necessariamente arte) che adoro, che ritengo liberatoria, catartica nel senso piu’ profondo (ed anche piu’ putrido) del termine è la pornografia.

Ecco, questo romanzo è pornografia allo stato puro e non lo scrivo con tono dispregiativo, anzi.

E’ proprio la sua natura pornografica a redimerlo dalle pluriferenzialità che lo affliggono (in superficie per lo meno), insieme ad uno stile che ruba/si ispira a Irvine Welsh, lo stream of consciousness di Joyce (o di un qualsiasi drogato sotto mescalina) e ad “American Psycho” di Easton Ellis.

Glynn, al suo romanzo d’esordio, sceneggiatore ed attore della Royal Shakespeare Company, traspone una storia dal sapore dei sobborghi americani in un contesto inglese.

E a leggere gli ultimi romanzi di Ballard e McEwan la fotografia che si crea nella nostra testa della terra della Regina è davvero stridente rispetto all’immaginario comune, e molto piu’ vicino ad un ibrido fra “Trainspotting” ed uno spot pubblicitario di cattivo gusto.

Anti-eroe, “l’uomo colpevole dimenticato da Dio” è Peter Crumb.

Bello e decaduto, reso folle da un evento doloroso che tenta di rimuovere, per poi doverlo riaffrontare di continuo, mentalmente scisso, Crumb colloquia, discute e litiga con la sua ombra junghiana.

Quanto piu’ lui è depresso, laido, in preda a tendenze autodistruttive, quanto piu’ la sua ombra di memoria stevensoniana (dove la pozione schizogenica è qui una miscela di nicotina, thc, ketamina e perdite devastanti) è aggressiva, seducente, senza scrupoli e rappresenterà la sua valvola di sfogo: il suo doppio gli fornirà il coraggio e l’assenza di sensi di colpa necessari per liberarsi della sua rabbia, della sua delusione per una vita che è fallita totalmente.

E quando la rabbia fa esplodere un uomo, i suoi pezzi volano in tutte le direzioni.

Ripromessosi di suicidarsi entro i successivi 7 giorni, Peter Crumb dedicherà quella settimana ad un progetto di anti-creazione, distruggendo in modo gratuito, estremamente violento, infantile, con scuse talora reazionarie e capricciose, tutto cio’ che lo infastidisce, solo per seppellire quel surplus di energia negativa che lo divora, solo per lasciare il suo marchio sul mondo.

E così si viene trascinati per i capelli in una sarabanda di omicidi, stupri, necrofilia, in cui l’elemento pornografico è costituito dal dettaglio anatomico e “ginecologico” di ogni azione del nostro Mr. Hyde.

Lo stile impetuoso e secco di Glynn, che sfoggia un vocabolorio ricchissimo e turpe, non ci risparmia un solo dettaglio sessuale, una sola lordura, un solo difetto fisico possibilmente raccapricciante, ma soprattutto neanche un pensiero distorto e visionario di Crumb.

E’ (necro)pornografia eccelsa, del corpo e dell’anima.

Se abbiamo già letto in “Spider” di McGrath il raggomitolarsi su se stessa dell’anima di un folle, fino ad una presa di coscienza finale (che qui, beffardamente, sarà costituita dall’autoassoluzione), così come in “American Psycho“, l’elemento innovativo in questo romanzo risiede nel contesto culturale e sociologico attuale.

Le gesta immonde di Peter Crumb (con almeno un momento di follia totale vivido come se fosse su grande schermo) sono tappe in mezzo alla vita dell’uomo moderno, una vita di solitudine inaspettata, rancori e traumi repressi; una piattezza quotidiana scandita dai titoli a pieno carattere dei giornali (che offrono a Crumb ispirazione o persino sprazzi di previsioni sul futuro) che mistificano e manipolano la realtà, esaltandone la superficie, ma non il pozzo di orrore che nasconde; un bisogno di eroi che sfocia nel ridicolo (un colossale fraintendimento porterà all’incoronazione mediatica, almeno per un giorno, di Crumb) e soprattutto un bisogno di non-realtà.

Le persone non esistono davvero; le vite si sfiorano, si incrociano, ma nessuno conosce davvero l’altro e persino le vittime finiscono nel dimenticatoio (o letteralmente nella spazzatura) e della collettività e della polizia, nonostante Crumb non ponga la minima attenzione a non inquinare le prove, anzi, le esibisce, sbattendo in faccia agli altri la propria rabbia violenta, nel piu’ totale cinismo e menefreghismo.

E passando incolume ed inosservato tra gli occhi spenti del mondo che sembra ravvivarsi solo alla notizia dell’ennesimo cadavere squartato o di uno spettacolare attentato terroristico (descritto con minuzia splatter-medico-legale degno di nota, ma senza raggiungere comunque le vette del capolavoro di “Glamorama“, sempre di Ellis, che dedicava intere pagine a vere e proprie coreografie di morte collettiva).

L’umano non interessa piu’ a nessuno: è solo un altro pezzo di carne da macello.

Un commento su “Gli ultimi sette giorni di Peter Crumb di J. Glynn

  1. martucciolina
    29/07/2009

    scusate..ho letto “Gli ultimi sette giorni di peter crumb” e ne sono rimasta affascinata, sia per lo stile letterario adottato dall’autore, sia x il susseguirsi delle vicende scorrevole e che lascia letteralmente senza fiato..abbastanza macabre e ripugnanti le descrizioni, ma degne di essere lette per la loro capacità di far trasparire una cruda realtà..sono stata molto attenta ma mi sfugge la chiave di letture del finale!!!!!!!! proprio delle ultime due pagineee!! sapete darmi una giusta interpretazione??la reale interpretazione che voleva dare al suo finale jonny glynn???
    in attesa di una vostra risposta, vi ringrazio anticipatamente !

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Questa voce è stata pubblicata il 12/02/2008 da in Flussi di incoscienza con tag , , .

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