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Peace is for pussies

Le memorie dello squalo – S. Hall

Romanzo d’esordio piuttosto balzano, con numerosi elementi di originalità, una trama che affonda nell’astratto e sfida il lettore ad immaginarsi l’impossibile.

Il suo pregio (l’assurdità) è anche il suo limite più pesante, ma chi cerca anche solo una lettura stimolante potrebbe apprezzarlo.

Eric Sanderson soffre secondo la sua psichiatra di attacchi gravissimi di amnesia che sembrano distruggere dalla sua mente qualsiasi ricordo.

Alla base delle sue crisi il trauma dovuto alla morte accidentale dell’amata duranta una vacanza all’isola di Naxos.

Ingabbiato in una realtà che a lui risulta completamente ignota, la sua situazione mentale peggiora quando inizia a ricevere lettere firmate dal sedicente primo Eric Sanderson che gli illustra l’esistenza di un mondo concettuale che fa da sostegno al nostro mondo, ma soprattutto gli spiega come difendersi dagli attacchi del Ludoviciano, un cosiddetto squalo di testo, membro temibile di un regno di predatori che si nutrono di ricordi e divorano pezzo per pezzo l’identità delle persone.

Se pensate che questo presupposto sia già abbastanza surreale, sottovalutate la fantasia sfrenata dell’autore, che tuttavia rimane vittima delle sue stesse esagerazioni sottoponendo a dura prova la pazienza del lettore a cui si chiede di accettare situazioni implausibili senza fornirgli uno straccio di spiegazione.

La trama si fa via via complessa ed intrigante, ed Hall è decisamente abile nel descrivere concitate scene d’azione, in cui si aprono squarci tra la realtà e l’impalcatura platonica che la sottende (il paragone con “Matrix” non è azzardato se ricordate i momenti in cui appariva il codice in movimento invece del mondo visibile), e nell’introdurre affascinanti personaggi o storie collaterali che affondano in tempi lontani, tra sette orientali in grado di controllare le parole ed i concetti e superuomini in grado di clonarsi attraverso processi di mesmerizzazione che nel corso del tempo si sono evoluti grazie alle reti informatiche fino alla creazione di una creatura, Mycroft Ward, che tramite le sue riproduzioni umane non solo è diventato eterno, ma acquisisce dati sempre nuovi da immaganizzare, moltiplicandosi ed aggiornandosi costantemente e fagocitando l’identità iniziale delle persone.

Come se non bastassero i riferimenti a Mesmer, Platone, allo Zen, a Italo Calvino e alle reti neurali, la seconda parte del romanzo si ambienta nelle intercapedini nascoste dello spazio fisico, il non-spazio, in cui le stanze ricoperte di lettere, elenchi telefonici e pagine di libri proteggono con i loro flussi concettuali un mondo, a metà tra Oz e il paese delle meraviglie, che farà da sfondo alla lotta con il Ludoviciano e con Ward.

E quando il concetto di una nave diventerà una vera nave lo sforzo di fantasia dovrà essere eccessivo e l’autore perderà le redini della storia non sapendo gestire con chiarezza le regole di un universo parallelo da lui stesso creato e scivolando in un finale prevedibilmente incomprensibile, aperto e di fatto arrogante.

Perdonando ad Hall la sua presunzione e la cornucopia di masturbazioni mentali, non si può certo negare che lo stile non gli manchi, che non sappia giocare con le parole, con la sintassi e che sia dotato di ingegno, tanto da inventarsi persino giochi tipografici per visualizzare, ad esempio, l’attacco dello squalo.

E paradossalmente, nell’ambito di una storia intellettualoide, il ritmo è frenetico, pur essendoci ampio spazio per la costruzione psicologica dei personaggi, ed anche la storia d’amore appassiona ed emoziona, grazie a dialoghi brillanti e a riflessioni intrinseche sulla natura dei sentimenti, dei ricordi e della rimozione.

<Non so esattamente come abbiano fatto a venire al mondo i pesci concettuali, ma negli ampi bacini tiepidi della società e della cultura milioni di parole pensieri e idee si evolvono in maniera costante. Non è del tutto implausibile che uno di essi si sia elevato al di sopra dei suoi cugini monocellulari esattamente come accadde a noi. Il Meme Egoista?>

Nota aggiuntiva: il titolo originale del libro, The raw shark text, suona come un gioco fonetico. Pensateci su. E capirete che il libro richiede uno sforzo aggiuntivo di comprensione, dal testo al sottotesto.

Siete avvisati!

11 commenti su “Le memorie dello squalo – S. Hall

  1. RV
    05/09/2008

    Sembra interessante. Credo che lo leggerò e ti farò sapere. Anche il Mailer a dire il vero. Sempre buoni consigli.

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  2. Lenny Nero
    05/09/2008

    @RV:
    non ti aspettare i capolavori del decennio, eh, ma sono ottime e intriganti letture (decisamente diverse ed opposte fra di loro!).

    “Le memorie dello squalo” ho scoperto estendersi come progetto anche su siti dedicati contenenti giochi e capitoli specchio. Da approfondire. E sicuramente non alla portata di tutti e di tutti i gusti!

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  3. caino
    01/10/2008

    questo libro parte benissimo, tra l’altro ho scambiato due chiacchiere con il traduttore: è in qualche modo innovativo, ferocemente fantastico, una vera squisitezza letteraria senza farti cadere le balle per terra.
    il problema è che diventa una vera barca che affonda dopo duecento pagine.
    tutto quello che lascia saltare il lettore dalla gioia diventa così stupido, ingenuo, che mortifica letteralmente.
    ti delude completamente.
    è meglio un brutto libro, o un libro che delude?
    se siete in grado, leggetene 100 pagine e poi immaginatevi un finale: sarà certamente migliore.

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  4. maria
    24/10/2008

    e’ partito bene il libro – storia intrigante – mi sembrava un capolavoro – ma con lo scorrere delle pagine e’ diventata una storia troppo complessa – ha fatto un salto di livello troppo alto – non so forse il livello intellettuale non e’ consono a me – io s abituata a leggere cose piu’ semplici – ma anche se la storia e’ complessa – se e’ bella e’ bella .. e questo libro si perde un po’ secondo me – o comunque non pone una sintassi che cattura il lettore .. non e’ il tipico libro che leggi tutto di un fiato questo vorrei dire ..

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  5. Srgejpinka
    26/12/2008

    Lenny, c’è Maria (vedi messaggio precedente) che ti scrive e non le dedichi na tua frecciatina?

    Si lo so che il bersaglio è fin troppo allettante per te, ma lasciare una preda del genere on è proprio dal Lenny che scrive questo blog!

    P.S. chiedo scusa ad entrambi per la vena umoristica. 🙂

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  6. Lenny Nero
    26/12/2008

    Solo perchè si chiama Maria non merita discriminazione e poi tutto sommato condivido il suo commento, anche se comunque il libro è talmente folle e immaginifico che può diventare un vero spasso. Uno spasso intellettualoide, ma uno spasso!

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  7. Yako
    29/12/2008

    Ogni volta che leggo dei commenti su questo libro, di qualunque segno siano, non posso che trovarmi d’accordo. Sarò io che, abituato alla memesi nei testi che traduco, finisco per immedesimarmi nelle idee di tutti quelli che leggo, come uno Zelig (in senso alleniano, non canalecinquico) letterario? Sarà la fluidità mercuriale del volume stesso? Sta di fatto che chi lo definisce geniale per me ha ragione, chi dice che diventa una barca che affonda non può di certo avere torto (e d’altro canto, la barca si materializza anche nel libro)… forse darei solo torto a chi lo definisse tempo perso, ma non ho mai letto commenti del genere.
    Vero, appassiona, vero, delude, vero, ha delle ingenuità di troppo, e, verissimo, ha delle pieghe nascoste che è quantomai avvincente esplorare. Ve lo dice uno che le ha esplorate, smontate e rimontate per mesi (e il titolo originale, sì, si può leggere anche “the rorschach tests”; poi i titoli italiani li sceglie il settore marketing delle case editrici, ma devo ammettere che anche “le memorie dello squalo” ha una sua affascinante ambivalenza, e forse suona anche un po’ meno pretestuoso. Una curiosità: nell’edizione italiana non viene detto, ma lo splendido disegno di copertina, ho scoperto parlando con l’autore, è stato realizzato proprio dallo zio Stephen, proprio come la grafica originale di molte pagine…)
    Che dire, è un’opera prima, e come in tutte le opere prime c’è troppa roba, troppa ansia di mettere… tutto. Dalle idee di questo libro si potevano trarre almeno tre romanzi…
    A proposito, un’altra piccola curiosità: Hall sta lavorando a non uno, ma due romanzi nuovi, ancora una volta del tutto folli, non solo per i contenuti ma anche per la forma… non ha voluto rivelarmi nulla, ma pare che abbia dovuto chiedere all’editore il permesso per fare qualcosa di mai tentato nella storia dell’editoria…

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  8. Lenny Nero
    30/12/2008

    Io sono convinto che la maggior parte di coloro che han letto il libro siano comunque restati affascinati dall’ardire dell’autore e che aspettino con curiosità le sue prossime mosse, io in primis.

    Grazie mille per il commento da parte di una persona che ci ha sbattuto il muso e le 4 filiere di denti in mezzo a quel casino. 😉

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  9. Giorgio T. S.
    12/03/2010

    Occasioni sprecate ad ogni frase. Un impianto pretenziosamente futuristico e futilmente paroliberista che fa da bagno all’acido alle buone idee. 430 pagine di narrazione alternativamente sciatta e fastidiosa, quando ne bastavano 150 e magari, già che c’era, senza quella ricerca disperata della “genialata” che si legge, chiara come il Sole.

    … e il bello è che le citate buone idee sono state prese dalla branca, a parer mio la più affascinante, degli studi sulla cultura, la memetica. Per chi voglia approfondire Susan Blackmore, “La macchina dei memi”. Non sarà un romanzo ma riesce a farvi vedere l’essere umano con tutt’altri occhi.http://www.ibs.it/code/9788846100436/blackmore-susan/macchina-dei-memi.html

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  10. Audition74
    04/05/2010

    Concordo in toto con Giorgio T.S., che con “paroliberista” sintetizza alla perfezione lo stile – da me poco apprezzato – dell’autore. Sarà che arrivavo da un gioiellino asciutto e spettacolarmente inventivo come Miliardi di tappeti di capelli, ma questo libro mi sa che lo mollerò dopo circa 150 pagine.

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  11. lock
    03/07/2015

    Presumo che Yako sia Giuseppe, ovvero il traduttore.
    Ho appena finito di leggere il libro e mi è piaciuto, specialmente sul finale dove tutto ha trovato una spiegazione, perché a metà ero rimasto un po’ interdetto.
    Giudizio personale: molto bello, sicuramente il libro più originale che ho letto, se consideriamo anche gli esperimenti grafici che ho molto apprezzato.
    Ma quello che mi ha davvero colpito sono alcune descrizioni, con termini e registri semplicemente perfetti. Alcune situazioni vengono illustrate così bene che le senti come sulla pelle. Ecco, complimenti a Steven Hall perché sa scrivere bene, e non è una cosa per nulla scontata. Ma complimenti anche a te, Yako, perché tradurre (bene) è una delle cose più difficili al mondo. Ci vuole sensibilità, capacità di capire cosa (e come) l’autore volesse dire, e una grande padronanza della lingua per restituire le stesse emozioni. Tra l’altro, non vorrei sbagliare ma mi sembra che l’italiano abbia circa 500 mila vocaboli (e buona parte sono sinonimi) mentre l’inglese ne ha più o meno 800 mila. C’è una parola perfetta per tutto e noi dobbiamo spesso ricorrere a frasi intere per esprimere il concetto.
    Mi sto dilungando troppo, scusate, però una domanda a Giuseppe vorrei fargliela: dove posso trovare una lista dei libri che hai tradotto? Era tanto che non entravo così in sintonia con il lato “grammaticale” (che brutto termine, spero si capisca) di un libro E mi piacerebbe continuare a sfruttare l’occasione. 🙂

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Questa voce è stata pubblicata il 02/09/2008 da in Flussi di incoscienza con tag , , .

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