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Peace is for pussies

Burn after reading – A prova di spia

“Burn after reading” è solo la conferma, tediosa e per certi versi patetica, della deriva minore presa dalla cinematografia dei Coen, già prima dell’acclamato “Non è un paese per vecchi”, rigida trasposizione dell’omonimo romanzo di McCarthy.

Ormai sono diversi anni che i Coen sembrano aver perso ispirazione ed estro visivo ed in questa occasione provano a tornare sui passi comico-grotteschi di “Fargo”, per accontentare anche quella fetta del loro pubblico che ama il loro lato ironico e straniante.

E’ triste scoprire che i due fratelli non sanno neanche rifarsi a se stessi mettendo in scena una commedia degli equivoci che a qualcuno (non a me, neanche una volta) ha strappato un sorriso e tanto è bastato per urlare alla commedia intelligente, sarcastica, ad una allegoria della società americana e ancora intelligente-intelligente-intelligente.

Se per intelligente intendiamo una storia strutturata su schemi narrativi abusati, prevedibilissimi persino nel loro sviluppo (tanto che il film scorre senza vere sorprese), infarcita di umorismo di grana spesso grossissima e tutt’altro che ricercata, basata su un plot così freddamente costruito a tavolino da muovere come pedine figure stereotipate e non risultare mai davvero coinvolgente, a causa del suo schematismo semplicistico, allora la mia concezione di intelligente è l’esatto opposto.

Stendiamo un velo pietoso sulla cornice visiva, degna di una sitcom mediocre (ma magari è voluto, l’intelligenza è sovente incompresa) ed indegna di una qualsiasi serie televisiva degli ultimi anni.

Siamo più dalle parti di “Arizona Junior” che di “Fargo”, e senza neanche i tempi comici di un tempo.

I barocchismi e le invenzioni di regia ormai un ricordo sbiadito.

Certamente il cast è ottimo, in parte, spiccando John Malcovich e Frances McDormand come unici in grado di regalare brio alle scene e ai personaggi, con il sempre ottimo contrappunto di una gelida (e come se no?) Tilda Swinton.

George Clooney e Brad Pitt interpretano due idioti totali, e se almeno il primo si sforza di recitare, il secondo si limita solo a manierismi di facciata, masticare un chewing-gum ed esibire una pettinatura già fuori moda ai tempi di “Grease”.

Se il film avesse voluto rappresentare molte idiozie moderne del popolo americano (dall’ossessione per la bellezza alle paranoie sulla sicurezza al dating online) prendendosi sul serio e non tentando forzatamente di farci ridere, forse avrebbe avuto altro impatto, il problema è che i ruminamenti di Pitt o le goffaggini di Clooney (con tanto di tormentone sulle sue supposte allergie alimentari) dovrebbero farci sbellicare dalle risate secondo le intenzioni degli autori.

Invece si scade in una farsa cervellotica nella seconda parte, avulsa da qualsiasi tempo comico, irritante nella sua scontatezza e pure per il moralismo di sottofondo a cui sarebbe stato preferibile un cinismo cattivo di cui sappiamo che i Coen furono un tempo capaci.

Persino le sporadiche esplosioni di violenza isterica non riescono a lasciare il segno per quanto riprese in modo sciatto.

Il lato positivo è che è tutto così superficiale che terminata la visione ci siamo già scordati di aver perso tempo con una commediola qualsiasi che ci lascia solo perplessi per le aspettative non soddisfatte.

Per entusiasmarsi di un film simile bisogna proprio accontentarsi o fingere di essersi divertiti: non sia mai che si possa apparire meno intelligenti ed arguti di un paio di premi Oscar finiti sulla bocca di tutti proprio durante la loro fase discendente.

4 commenti su “Burn after reading – A prova di spia

  1. ErVezio
    24/10/2008

    Ehhhhh se tu non fossi già sposato e io più bello e meno etero ehhhh ti farei i pasticci dell’amore perchè parli male di ‘sti due cretini sopravvalutati da tutti.

    Bravo, bravo, bravo!

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  2. ighi
    24/10/2008

    diciamo che il loro ufficio casting è piuttosto imbarazzante, per uno bravo scelgono sempre delle sole dalla faccia impassibile. a tilda swinton interessa pagarsi le bollette per cui non sta lì più di tanto a sgomitare per far vedere quanto è capace. la mentalità americana è molto rigida, l’italiano farà sempre il mafioso, l’eroe che dev’essere yankee purosangue sempre l’eroe, morgan freeman sempre il saggio consigliere, asia argento sempre quella dannata, adam sandler sempre il bravo ragazzo, tilda swinton sempre quella un po’ algida….senza clooney brad pitt avrebbe smesso di fare film da mo’, a meno di non recitare coi pettorali. poi doppiato è sempre uguale, anche quando fa i gargarismi. la mcdormand ho imparato ad apprezzarla col tempo, fa pochissime cose e rende sempre il personaggio più che stessa (del tipo madonna che fa evita, madonna che fa sta cippa, jolie che fa ecc.).
    ps. ma la carfagna lo sa che sei sposato?

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  3. Lenny Nero
    25/10/2008

    @ighi:

    a parte che non sono “formalmente” sposato.:)
    E’ solo che Elvezio non riesce a stare serio per più di due nanosecondi.
    Altrove ho già espresso la mia opinione negativa sui matrimoni gay: queste cazzate piccolo borghesi-cattoliche le lascio a chi se le merita e non soffro di ansia di normalizzazione come molti gay.
    Il punto comunque è che la Carfagna, che non ha una relazione stabile come me (ora mi porto sfortuna da solo…) deve fare solo una cosa: farsi i cazzi suoi.
    Se in senso letterale o allegorico, a me poco importa. 🙂

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  4. ighi
    07/11/2008

    a’ lenny, stavo a scherza’. mi è tornato in mente che tilda swinton ha recitato anche in love is the devil. o no? sìì! alla fine guarda daniel craig com’è finito. un attore che ha saputo come sfruttare i pettorali, direi, anche se gli è toccato passare dal letto di lara croft..

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Questa voce è stata pubblicata il 21/10/2008 da in Cinema, Flussi di incoscienza, recensione con tag , , .

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