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Peace is for pussies

mother!

motherPer la prima volta sento il dovere di sottolineare più del consueto alcune mie caratteristiche personali per far comprendere quanto la soggettività pesi nelle mie considerazioni su mother!, in quanto per questo film in particolare gli stessi elementi oggettivamente sotto gli occhi di tutti possono essere vissuti in modo diverso a seconda delle proprie forme mentali. Da queste derivano i commenti finali su alcune reazioni diffuse al film scaturite da livelli diversi d’incomprensione dell’opera di Aronofsky che sono più sconvolgenti del film stesso.

Il sottoscritto è ateo, uno di quegli atei insofferenti persino alla parola ateo, perché quel Signore lì (Him nel film) non è il suo pastore e soprattutto non manca di nulla. Un ateo così fanatico che prova imbarazzo verso un agnostico come Aronofsky che per raggiungere il grande pubblico, o forse per un bagaglio culturale che non è riuscito a lasciarsi alle spalle, ripiega su un uso pesante e semplicistico di riferimenti ai più noti episodi dei due testamenti biblici, quando in me insorge una reazione anafilattica solo a pensarci.

Inoltre ho visto rappresentata cinematograficamente quasi qualsiasi nefandezza immaginabile per cui, come molti psichiatri e moralisti ammoniscono da anni, sono una persona anestetizzata e socialmente pericolosa. Come spiegherò più avanti, temo che da qualche tempo il problema per la società siano proprio persone molto diverse da me. Essere come me significa vivere in tono minore e in modo prevalentemente razionale esperienze che alcuni considerano emotivamente sconvolgenti (e se non avverti il pugno tirato dal regista ti appaiono davanti agli occhi i suoi schemi creativi, così monocordi da non essere di certo avvertiti come geniali, mentre al contrario qualcuno ha avvertito il pugno e ne è rimasto solo stordito).

Una parte di me non può negare di non essersi divertita nei momenti di massima orgia (l’assenza di colonna sonora che lascia spazio al caos e alle urla e la coreografia puntigliosa di sound design, movimenti di camera e montaggio, li rendono vorticosi e a tratti esilaranti), tuttavia è onesto puntare il dito sugli elefanti nella stanza.
Intanto i 30 milioni di budget devono essere finiti nell’assunzione (non uso il termine a caso) di Jennifer Lawrence, talentuosa come è quasi sempre ma spesso adombrata dall’espressività dei colleghi più anziani e iconici. Lo sottolineo perché chi ha tirato in ballo Hieronymus Bosch va sottoposto a un TSO. Siamo lontani anni luce da un impatto visivo così potente e allegorico, ma così lontani che è come mettere a confronto Bella in rosa con Stati di allucinazione. E anche gli effetti speciali sono a tratti imbarazzanti, ma per fortuna utilizzati in modo limitato.

E arriviamo al secondo elefante, perché non solo visivamente non c’è potenza allegorica ma essendo il film già di per sé e nella sua globalità un uso metaforico, in chiave etica/politica, di quei quattro o cinque episodi che tutti conosciamo dal catechismo (potremmo definire mother! il bignami agnostico del catechismo parrocchiale), una volta colto il parallelo seguono prevedibilità, dialoghi ridicoli e soprattutto il peggior affronto che un autore possa compiere verso l’intelligenza del pubblico: imboccarlo, ripetere battute (la casa è mia almeno tre volte!), ribadire con parafrasi, sottolineare, ammonticchiare infodump di dettagli per venire incontro alle nostre capacità mentali (se uno non comprende la chiave di lettura entro, al massimo, l’entrata in scena dei due fratelli si può autodiagnosticare dei seri problemi di attenzione). Ho sospettato lo avesse sceneggiato il Nolan di Inception. Niente mi mette più tristezza di un autore che si preoccupa che le sue geniali metafore non siano comprese (in modi sottili come porre il marchio di Caino su un volto o mostrare un costato aperto fino a usare parole/concetti plateali come Paradiso, dea, creazione…), esclusa l’ipotesi che sia un pessimo sceneggiatore (ma le due ipotesi possono convivere oltre a quella di frettolosità, d’altra parte lo stesso Aronofksy ha dichiarato di aver completato lo script in pochi giorni).

Il messaggio, perché ci troviamo di fronte a un apologo, l’howl di Aronofksy, sempre per citare le sue parole, sembra quello che potrebbe veicolare il tema di un ragazzino idealista, e irriverente nel manipolare episodi biblici, su quanto siano brutti, cattivi e maleducati gli esseri umani.

È talmente sincero nella sua banalità che suscita quasi tenerezza. Tuttavia ci sono rarefatte tracce di ironia,  ma non viene seguita la possibile strada di una satira (Aronofsky avrebbe dovuto esagerare ed essere meno accorato) e nemmeno quella di colpire fino in fondo: il film non finisce interrompendo il ciclo di creazione narcisistica lasciandoci nella distruzione totale, ma come in un film horror di serie Z rilancia (giusto per risottolineare concetti e rilanciare le prevedibilità) e non punta a metterti KO lasciando la sensazione che questa volta, come dopo il diluvio universale, scusate, la rottura di un lavello, a seguito della cannibalizzazione di Gesù bambino non ci saranno altre possibilità. Se tanto Dio ci riprova a questo punto scagazziamo in giro come piccioni, tanto l’umanità sarà perdonata e non perduta, ché quel narcisone avrà sempre bisogno di noi.

Per essere un pugno, come lo ha definito il regista, il film è debole e troppo autocompiaciuto della sua idea di fondo. Certo, alcuni dettagli cruenti hanno spinto fuori dalla sala un paio di fiocchi di neve e il film prova a sorprenderti ma non ci riesce mai abbastanza da coprire l’olezzo insopportabile del didascalismo.

Qualcuno può obiettare che per essere un film prodotto da una major è un film coraggioso e sperimentale per certi parametri, quindi semplicemente non è un film per un vecchio cinico con lo stomaco foderato d’amianto come me.

Scegliete voi se pensare che Aronofsky sia un sempliciotto con talento (che nessuno nega) o un sempliciotto arrogante che ha pensato che avessimo bisogno dei suoi pugnetti per aprire gli occhi su come maltrattiamo la madre Terra.

È un film in buona fede che fa strabuzzare gli occhi alla gente di poca fede come me che tenta ancora di dimenticare le storielle su Adamo ed Eva.

Rivolto agli elettori di Trump (il QI minimo e il milieu culturale per comprenderlo è il loro), ma ovviamente odiato dagli stessi perché detestano le moraline liberal.

Il problema è che la morale o la fai a schiaffi veri o lo fai da intellettuale (Haneke) o sembri Miss Italia che vuole la pace nel mondo.

Del film ho trovato più interessanti le reazioni che ha suscitato.

  1. Il solito capolavorismo senza limitismo. Ci siamo abituati. Se uno non considera stantii i paralleli biblici e si diverte per il modo con cui vengono piegati per la propria tesi, potrebbe in effetti quasi esaltarsi, mentre io avrei preferito (fattore soggettivo) un acuirsi dei toni crudi e satirici su cui invece, ironicamente, dopo l’incendio cade un raffreddamento del ritmo a favore di un finale posticcio e tentativamente lirico.
  2. La sovralettura (che va di pari passo con l’incapacità di lettura). Di fronte a una F di Cinemascore, al flop al botteghino e alla percezione sempre più diffusa che il film non fosse compreso/comprensibile, s’è verificato un proliferare d’interviste a regista e attrice protagonista volte a spiegare il film quasi metafora-per-metafora. In particolare l’intervista apparsa su Entertainment Weekly non so se sia più umiliante per chi intervistava, e che spero si stesse fingendo minus habens per adulare il regista, o per il regista stesso, che ha battuto e ribattuto per due ore sulla stessa metafora cui si è abbarbicato e poi ha pure dovuto spiegarla. Nonostante ciò, s’è verificato anche un proliferare di recensioni che hanno voluto vedere nel film qualsiasi tema a scelta, perché ovviamente gli autori di queste recensioni ne sanno più del regista. In particolare vorrei sottolineare ad alcune donne che non tutti i film devono parlare di loro o a loro, essere dei film che prendono posizione su temi femministi, e che tacciare mother! di misoginia è quanto di più miope possa aver letto (ma qui dovrei dilungarmi su accuse dello stesso stampo rivolte a Lars von Trier per gli stessi motivi e non ne ho/avete voglia). Mi stupisco che qualche mio simile omosessuale non si sia lamentato per l’assenza di omosessuali evidenti, magari nel corso di qualche parallelo con Sodoma, ma sicuramente in quel casino qualche sodomita invasato poteva essere presente. Capite che sentire dalle voci di chi lo ha realizzato che il film tratta dell’argomento X mentre alcuni si dilungano nell’affermare che tratta di Y o Z è quantomeno imbarazzante per entrambe le parti.
  3. Il disgusto. I dettagli cruenti ammonteranno a 5 secondi della durata del film. Il momento più crudo è quasi più suggerito che mostrato. Forse poteva essere inatteso (mi chiedo spesso quale sia il grado di preparazione e informazione con cui alcuni scelgono i film al cinema), ma leggere di persone che dichiarano malesseri (non conto dichiarazioni melodrammatiche su Twitter dove i 140 caratteri favoriscono scelte verbali melodrammatiche) m’ha fatto pensare più del film stesso. Ora, non ne posso elaborare una teoria scientifica, è solo un’impressione, ma che un film come mother! stimoli più reazioni viscerali negative che cerebrali riflessive mi mette ansia. Se basta così poco per turbare fino alla repulsione, come vivono normalmente queste persone? Le immagino camminare per strada e vedere persone che si portano dietro spettri paurosi, dall’amico in difficoltà al profugo di guerra, ed essere in preda a terrori incontrollabili per le sensazioni che quegli spettri si portano dietro. Reazioni fobiche così forti sono spesso irredimibili. Se davvero questo film scatena reazioni così pervasive ho paura di chi reagisce così negativamente, perché sarà difficilmente in grado di ragionare sull’oggetto della sua paura (non ci riesce su un film, giudicandolo offensivo e confuso, figuriamoci su eventi o persone concrete). Che in giro ci siano persone simili m’incute molto più timore di qualunque scenario apocalittico Aronofsky abbia provato a mettermi davanti.

2 commenti su “mother!

  1. Enzo Vagliagli
    05/10/2017

    Dieci minuti di applausi solitari, Lenny. Se non esistessi prenderei il tuo posto. Bravo’.

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  2. Lenny Nero
    05/10/2017

    ma no, sono ininfluente. Sono il lavello non fissato della casa del Padreterno.

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Questa voce è stata pubblicata il 02/10/2017 da in Cinema, Flussi di incoscienza, recensione con tag , , , , .

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