Con Beyond the black rainbow Panos Cosmatos tentò, inascoltato, di dare avvio alla moda dei film nostalgici degli anni ‘80 ma cool, con stilemi estetici codificati in termini di color grading, lens flare, colonna sonora à la Carpenter etc.
Anni ‘80 filtrati dalle menti di una generazione di circa quarantenni, che forse non se li ricordano davvero per come fossero.
Il tentativo fu inascoltato (e ci credo, visto quanto era narrativamente debole).
8 anni dopo Cosmatos fiuta in ritardo la tendenza e torna con una minestra riscaldata con epocali problemi di ritmo e di scelta di tono (Nicolas Cage è un fumetto vivente e ridicolo, ma l’atmosfera è quasi sempre sospesa e compiaciutissima).
Se si possono salvare singole e potenti immagini, intuizioni visive o di character design, la miscela complessiva è indigeribile ed estenuante.
The void, operazione simile, era meno pretenzioso e più consapevole delle proprie potenzialità. Cosmatos avrebbe potuto realizzare un artbook o un fumetto o un mediometraggio o whatever. La dilatazione a due ore di film per quel che offre è ingiustificata, ma considero ormai ingiustificata qualunque operazione odori anche solo vagamente di nostalgia.
D’altra parte ormai si criticano i film perché c’è troppa trama, figuriamoci se non c’è spazio per un film che non ne ha e offre un estetizzato atto di onanismo che tuttavia ha il suo target.