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Peace is for pussies

Il grande distruttore: elegia di Trent Reznor

trent.jpgSe non siete vissuti su Plutone negli ultimi 15 anni almeno una volta dovete aver sentito nominare Trent Reznor, l’architetto nero di un gruppo in realtà inesistente: i Nine Inch Nails.

I NIN non esistono: Trent scrive, produce e suona tutta la sua musica avvalendosi poi di incredibili musicisti per la performance live, ma l’unico perno costante rimane lui.

Polistrumentista, narciso, tossicodipendente ed alcolizzato (almeno un tempo, si narra), fottitore con discrezione di alcune delle piu’ affascinanti cantanti in circolazione (da Fiona Apple a Tori Amos), creatore di Marilyn Manson, pilastro della Interscope, autore di numerosi remix e colonne sonore ed inserito in passato nell’elenco delle 30 persone piu’ influenti d’America.

Quali sono state le gesta di questo morboso artista che lo hanno elevato sull’altare drogato del fanatismo piu’ spinto, fino a renderlo un’icona di quello che viene considerato un artista superiore?

Semplicemente ha fuso l’industrial e l’elettronica dei Depèche Mode, ammantando il risultato con l’estetica dei Bauhaus e creando un connubio spesso “pop”, seppur di nicchia, che ha influenzato in modo radicale la musica degli anni ’90 piantando il proprio martello pneumatico sonico sulla testa degli anni ’80, decretandone la fine una volta per tutte.

Non attribuisco a lui tutto il merito di aver spazzato via gli anni ’80, che ormai stavano attorcigliandosi su se stessi; in questo ruolo è stato supportato, con ben piu’ ampi consensi di pubblico (non per questo non meritati), dalla Santa Trinità di Seattle (Nirvana, Pearl Jam, Soundgarden).

Tuttavia il noise deviato di Trent ha sempre esercitato un fascino profondo e malato in chiunque lo ascoltasse, sia per i testi cinici, disperati e lirici (di fronte ad un brano come “Hurt” bisognerebbe genuflettersi) sia per le sonorità squassanti ed originali (chi non ha sussultato sulla sedia ascoltando la prima volta “Mr. Self destruct“).

reznor.jpgCattivo in modo naturale, violento senza sconti, anticristiano (il testo di “Heresy” riassume in trenta righe tutto il male rappresentato dalla religione), testosteronico (pompate a tutto volume “Closer“e quando sibilerà come un abracadabra erotico –I wanna fuck you like an animal– sarete così eccitati che vi farete la migliore scopata della vostra vita!), esegeta del dolore esistenziale piu’ lacerante, accusato stupidamente, come il suo figlioccio Manson, di nazismo, Trent rappresenta l’ombra junghiana che si fa voce e musica, quanto carne e sangue.

Menefreghista all’ennesima potenza, ma anche abile marchettaro, ha fatto di tutto per costruirsi un’aura maledetta, tramite video shoccanti (il piercing genitale di “Sin“, il video bannato e su cui indago’ persino l’F.B.I. di “Happiness in slavery” in cui un attore sadomaso veniva sbudellato e triturato da un macchinario di torture), live-set apocalittici, interviste grondanti malessere ed un’estetica dark post-atomica di indubbia presa.

Agli occhi del pubblico adorante appare come una sorta di vampiro moderno che ogni 7 anni regala al mondo un po’ della sua rabbia, un’asceta dell’odio, un misantropo senza speranza ripiegato sulla sua musica in modo maniacale.

Obiettivamente negli ultimi anni Trent ha perso qualche colpo.

Il doppio album “The fragile” (a detta del sottoscritto il suo capolavoro) non ha incontrato i favori del pubblico, nonostante gli immensi faraglioni sonori costruiti, pezzi strumentali schizoidi, e travolgenti, e la solita trasudante acidità.

Troppo complesso?

Riaggiusta il tiro, sbagliando completamente centro, con “With teeth“.

Ho impiegato numerosi ascolti per apprezzare il suo penultimo lavoro: alcuni brani inutili, altri troppo pop e immediati; rimanevano comunque 5 o 6 brani saturi di suoni incredibili (sono il suo biglietto da visita, del resto), testi come sempre perfetti ed un’intensità a volte insostenibile (“Right where it belongs” fa il paio con “Hurt“).

Di fatto la sperimentazione di Trent, ma soprattutto il suo istinto autodistruttivo, sembrano avere una battuta di arresto sciogliendosi in brani piu’ morbidi, per quanto accattivanti (“Only” è oggettivamente un’ottima canzone, ma non è un pezzo funky quel che uno si aspetta quando acquista un disco per sentirsi torcere budella ed orecchie).

170.jpgPanico generale: Trent ha smesso di drogarsi, ha costruito dei muscoli d’acciaio, si è acconciato come Brian Molko prima maniera e quando va bene si fa un’overdose di Supradyn.

Eppure noi fans cannibali vogliamo che un artista di tal fattura si dissolva nella sua arte, anche se questo implicasse la sua morte.

Non rispettando il solito epico intervallo tra un disco e l’altro, pubblica venerdì 13 Aprile il nuovo “Year Zero“, tentativo in parte riuscito di riprendere per i capelli almeno i suoi vecchi ammiratori: sonorità a metà tra “Pretty Hate Machine” e “Downward Spiral“, booklet da disastro nuclerare, concept dei testi in chiave politica e dichiaratamente anti-teocon (chi era nazista?).

Riuscirà nel tentativo di riscattarsi dal passo falso di “With teeth“?

Temo in parte, pur non mutando la mia stima immensa per lui.

16 brani, di cui almeno 6 inutili, si alternano tra vette, rancorose ed ispirate, ad altri pezzi neanche degni di essere b-sides.

Quando Trent è frettoloso, non rispettando i suoi tempi artistici, partorisce sempre creature zoppe.

E se il subwoofer gode, insieme a noi, ad ascoltare “Hyperpower!“, “My violent heart” e “God given“, dove ritroviamo la forza di un tempo, ogni 5 minuti si cade in catalessi.

E non credo sia un caso che i testi migliori si accompagnino alle canzoni piu’ dure e riuscite, mentre altre sembrano pallidi e casuali riempitivi.

Un lavoro di editing, in realtà piuttosto semplice visto il palese squilibrio interno, avrebbe reso “Year Zero” un vero nuovo inizio per Trent, che invece inciampa ancora e costringe l’ascoltatore ad una ginkana per evitare cio’ che è inascoltabile.

Nonostante queste premesse, l’album contiene alcuni pezzi potenti e sarebbe un vero delitto per ogni fan rinunciare a scoprirli.

In attesa di vederli dal vivo il 2 Settembre (insieme ai fantasmagorici Tool): e sappiamo bene che almeno in concerto Trent è una bomba ad orologeria umana.

Lasciamo allora che ci esploda fra le mani, sperando che non sia l’inizio della fine.

7 commenti su “Il grande distruttore: elegia di Trent Reznor

  1. Peter
    17/04/2007

    diomio, avrei potuto scriverlo io questo post! in modo assolutamente identico! (intendo per i contenuti)
    sottoscrivo, fragile è il suo capolavoro.
    grazie per questa anteprima, devo comprare year zero nei prossimi giorni. quindi: poteva andare meglio, mi par di capire.
    nin e tool insieme? scherzi? (già visti entrambi dal vivo, ed entrambi due volte)

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  2. Lenny Nero
    17/04/2007

    Io vidi i NIN al Monza Rock Festival e ho visto i Tool due volte l’anno scorso, a Milano (ne ho scritto sul blog) e a Torino (nel mefitico Mazda Palace).

    Dopo un’accoppiata simile posso anche morire crocifisso.

    Lo spettacolo si terrà all’Independent days di Bologna.

    Ho già il biglietto.

    Ed ho già l’adrenalina adesso!

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  3. Peter
    18/04/2007

    a monza c’ero anch’io (mannaggia ad alanis morri-sette).
    a questo punto mi farò anche l’independent, anche se i tool li ho visti a giugno, l’ultima volta.

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  4. Lenny Nero
    18/04/2007

    Quella ex-cantante seria della Moriràsettevolte…
    Ha ritardato così tanto che alla fine mi son perso mezzo concerto dei NIN perchè dovevo scappare a prendere il pullman del ritorno.
    Che dio l’abbia in gloria (cioè speriamo che se la prenda presto, che intanto ormai è inutile).

    Quindi questa volta mi devo rifare di quell’occasione perduta!

    I Tool io li rivedrei tutte le sere: ipnosi autodistruttiva indotta dalla musica che conduce a bizzarre forme di orgasmo 🙂

    Allora dopo l’Indipendent commenteremo in parallelo sui nostri blog.
    Se non saro’ morto di infarto.

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  5. Kansch
    30/09/2007

    L’ho visto quest’anno al pukkelpop, assieme ai Tool.
    Che dire, alieno e disumano, dieci spanne sopra tutti…
    DISTRUTTIVO

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  6. daniele
    26/12/2007

    al monza c’ero anche io… e ascoltare la musica di trent dal vivo è sempre un’esperienza intensissima…mi vengono i brividi ancora oggi a pensarci…

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  7. Lenny Nero
    26/12/2007

    Non dirlo a me…solo Cthulhu sa quante volte ho già rivisto il dvd live!

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Questa voce è stata pubblicata il 17/04/2007 da in Flussi di incoscienza con tag , , , .

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