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Peace is for pussies

Surveillance

surveillanceA Santa Fe due serial killer mascherati aggrediscono una coppia mentre sta dormendo.

L’uomo viene brutalmente ucciso, ma la donna riesce a fuggire inseguita dai suoi assalitori.

Mentre si diffonde in città l’allarme per questa scia di omicidi, gli agenti dell’F.B.I. Hallaway (Bill Pullman) e Anderson (Julia Ormond) devono interrogare i tre inaffidabili testimoni chiave di uno spettacolare spargimento di sangue, di cui ancora non conosciamo le dinamiche: un poliziotto psicopatico, una tossicodipendente ed una bambina di otto anni.

Scena dopo scena ci viene mostrata una verità che non coincide mai con i resoconti, perchè tutti hanno qualcosa da nascondere e soprattutto non hanno notato alcuni dettagli che non sono sfuggiti ad uno sguardo innocente.

Quando scopriremo finalmente che cosa è accaduto inizierà un gioco al massacro.

Jennifer Lynch l’avevamo abbandonata 15 anni fa alle macerie di “Boxing Helena”, massacrato dalla critica, dalle polemiche e persino da diatribe legali.

Dopo un lungo periodo di pesanti vicissitudini personali, la figlia di cotanto padre ritorna con “Surveillance” ed “Hisss”, già in post-produzione.

Dimentichiamoci il passato, fingiamo che questo sia il suo primo film ed obiettivamente non potremo che apprezzare il lavoro di sceneggiatura ed una regia senza compromessi, che non ha scelto soluzioni facili in ambito thriller per risalire la china e conquistare consensi.

Son sicuro che  di “Surveillance” se ne continuerà a parlare sulle riviste di genere ed avrà un suo seguito nel circuito d’essai, ma almeno che la promozione non lo venda per ciò che non è (la violenza è molta e forte, ma non è un horror, e c’è l’intrigo giallo, ma è costruito in modo troppo sofisticato rispetto agli attuali standard da fiction televisiva) la massa lo eviterà con cura.

Durante il Festival di Cannes i critici si sono riempiti la bocca di paragoni con “Rashomon”, ma Akira Kurosawa non aveva inventato nulla di nuovo già nel 1950, dato che si ispirava ad un racconto del 1922, e soprattutto a me Kurosawa fa venire l’orchite e piuttosto che guardare un suo film sbatto la testa contro un muro fino a spaccarmi il cranio come in uno degli episodi di “Der todesking”.

“Surveillance” non ha nulla a che fare con “Rashomon”, è un thriller di ottima fattura che non vuole lisciare le piume agli spettatori, così da una parte non esagera con inutile enfasi, toni drammatici o sparatorie spettacolari, dall’altra (anche se la storia lo consentirebbe) non eccede col gore e memore anche di qualche lezione presa dal padre Jennifer Lynch sa quando turbarci esclusivamente al momento giusto non rendendo banale la violenza e facendoci saltare sulla sedia con una sequenza shock da antologia.

E’ un film che richiede attenzione, costruito a incastri, con un ritmo a singhiozzo ed un disvelamento della verità che avviene attraverso le dichiarazioni in parallelo di tre persone fino a un non troppo imprevidibile twist (che comunque è abbastanza malato per essere davvero certi di aver compreso il segreto dietro gli eventi).

La regista riesce a costruire una tensione piuttosto alta che regge per tutta la durata del film nonostante debba trascorrere ben un’ora prima di apprendere di che cosa stiano parlando i protagonisti, ed è un merito non da poco.

E così la curiosità cresce e l’angoscia con essa, perchè la discrepanza tra l’immagine (la verità) e la menzogna (le parole) è talmente palese da disorientare.

Con la parola si può edulcorare la realtà, sottacere di alcune sfumature, nascondere intere porzioni della storia e la risoluzione finale si cela infatti negli occhi di una bambina che nell’arco di una giornata vedrà più sangue che nella sua intera vita.

Il ritmo è lento, ma sostenuto, ci si prende il tempo necessario per delineare al meglio i protagonisti (una carrellata di personaggi borderline) e lasciare libero un cast davvero valido e che non eccede in istrionismi, nonostante caratteristi come Michael Ironside o la natura perversa dei serial killer, e punta sulle sottigliezze rendendo chiunque ambiguo come non mai.

Si è scelta una modalità narrativa fredda, ma non per questo meno disturbante, che non rinuncia a sprazzi di deviazioni sessuali, ammiccamenti alla necrofilia e a momenti di bassa macelleria che vanno a segno.

Perfetto il montaggio: niente cedimenti al gusto epilettico che va tanto di moda, ma un lavoro certosino e millimetrico che non lascia buchi di sceneggiatura ed incastra ogni pezzo in maniera esemplare.

“Surveillance” è un film che sa intrigare, in modo non banale, fotografato splendidamente e costruito su inquadrature ricercate che spaziano da ambienti desertici che paiono l’anticamera dell’inferno alle stanze di un dipartimento di polizia più mortifere di un obitorio.

Il gusto per la geometria delle immagini è rotta solo dalle esplosioni di violenza e con il momento clou del film Jennifer Lynch da uno schiaffo morale a registi che non saprebbero mai come architettare una sequenza così complessa e riprenderla pure da diverse prospettive.

La meticolosità profusa nella realizzazione del film potrà farlo apparire a qualcuno come gelido ed artificioso, visto che la regista rinuncia persino a sfruttare spunti potenziali di terrore puro, eppure è proprio questo modo quasi documentaristico di rappresentare violenza e psicopatologia che rende quest’ultime così realistiche tanto da imprimerle sotto pelle, non solo per la durata di qualche facile urlo.

I miei sensi di ragno continuano a suggerirmi che non piacerà a nessuno.

3 commenti su “Surveillance

  1. Srgejpinka
    26/12/2008

    Sarà un molto rumore per niente?

    Chi sa di solito Lynch, non toppa nelle riprese della fotografia.

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  2. Lenny Nero
    26/12/2008

    La figlia dal padre ha preso diversi elementi in questo film, ci sono addirittura alcune idee mi hanno fatto venire dei flash su alcune sue opere, così come certe ambientazioni, inoltre David è il produttore esecutivo, e secondo me ci ha messo uno zampino pesante (Pullmann, non ti dico perché, secondo me è stato guidato se non posseduto da Lynch). Nel complesso però non lo considereresti mai un film di Lynch senior e questo va a onore della figlia che evidentemente ha voluto realizzare un film che non andasse incontro in modo facile ai gusti nè del padre, che deve essere un’ombra pesante, nè del pubblico. Comunque a giorni di distanza l’apprezzamento per Surveillance è cresciuto esponenzialmente.

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  3. vincos
    28/12/2008

    Grazie della dritta. Uno dei migliori film dell’anno anche se non un capolavoro.
    Fantastico l’uso lynchiano del sound design…lode ad Alan Splet

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Questa voce è stata pubblicata il 24/12/2008 da in Cinema, Flussi di incoscienza, recensione con tag , , .

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