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Begottens, bigotti e congiuranti

begotten“I feel that the revolution needs to take place within Hollywood itself. Here you have enormous amounts of money. You have all the cutting edge technology. And you have a great deal of resources and a great deal of talent. I just don’t see why a film cant straddle being a great piece of art and also being something that appeals to a wider audience. That doesn’t mean the widest audience, it just means a wider audience”

E. Elias Merhige

Post di fine estate e inizio ferie, post in cui si buttano al vento, cioè in un post, un paio di concetti sullo status dell’horror, tema su cui maniacalmente ogni tanto rifletto per il semplice motivo che è una passione nata nell’infanzia e sembra essersi accomodata agevolmente nel mio DNA.

Se mai ci arriverò, sarà divertente e curioso a 80 anni guardare film horror e brontolare ancora dalla piccionaia o tempora, o yankee mores, ma soprattutto continuare a ricercare film e autori per cui entusiasmarmi e nei quali sperare che l’attitudine hollywoodiana ad anestetizzare i film di genere (che sia colpa di Brad Pitt o di Tarantino poco cambia in termini di risultato) trovi validi avversari.

Ogni semplificazione corre il rischio di perdere le sfumature di un’evoluzione in un microsettore cinematografico, ma ho spesso ben chiara davanti ai miei occhi l’immagine di un campo di lotta fra due diverse concezioni del genere horror: da una parte la ricerca del perturbante (termine tanto caro ai barbagianni freudiani), dall’altra quella di un ridanciano luna-park.

Da una parte una sfida atavica e tribale ai propri sensi, alla propria morale, un assalto all’inconscio e all’immaginario, dall’altra la convenzionalità, l’assuefazione, una paura che ti fa il solletico all’improvviso e poi ti da una carezza.

Potrei citare mille esempi, recenti e passati, discussi pure in questa sede, quando ho resistito all’obiettivo prefissatomi di non fornire ulteriore spazio, per quanto minimo, a ciò che secondo i miei parametri sta distruggendo il genere horror.

Sono appena reduce dalla visione di due concezioni opposte e rappresentative del genere: Begotten (E. Elias Merhige, 1991. Regista noto ai più per la direzione di alcuni video quali Cryptorchid di Marilyn Manson e The Heinrich maneuver degli Interpol o per L’ombra del vampiro) e The conjuring (L’evocazione, James Wan).

In uno schieramento il simbolismo come forma di narrazione, l’avanguardia postproduttiva (per generare un effetto visivo tra il ciclostile anarchico e un acido fabbricato nella periferia russa con sostanze chimiche dall’ignota struttura), la mitopoiesi, l’eccesso, la violenza non solo come elemento di shock, ma metaforico, l’orrore come viatico per un messaggio morale, persino buonista, ecologista e pieno di speranza, attraversando i territori dell’osceno (la pellicola inizia con Dio che si sventra pezzo di intestino per pezzo di intestino come gesto di sacrificio per generare una messia-donna e madre-Terra che insieme al figlio dovrà affrontare le torture inflitte da umani ormai devoti, in senso anche letterale, al cannibalismo).

Nello schieramento opposto la summa autoreferenziale dell’horror medio americano: possessioni, scene fracassone, fantasmi che appaiono all’improvviso e siccome negli ultimi due anni di film con esorcismi Hollywood non ne ha prodotti a sufficienza ovviamente c’è pure una scena di esorcismo (goffa e imbarazzante).

Il punto è il tentativo, seppur fallimentare (Begotten sarebbe un capolavoro se non fosse lento in modo estenuante, regalando a tratti immagini di rara potenza intervallate da sequenze che farebbero evaporare la pazienza a un morto, con l’eccezione di Susan Sontag che l’ha definito one of the ten most important films of modern times), di creare un canale fra lo spettatore e l’inconscio-schermo, catturandolo e lasciandolo inerme, in preda a suggestioni irrazionali che abbattono ogni sovrastruttura mentale generando spaesamento, il perturbante di cui sopra, una paura che va oltre al saltare sulla poltrona, ma rimane sottopelle per lungo tempo.

theconjuringThe conjuring e prodotti simili sono ormai mercificazione della paura intesa come dosi metadoniche di adrenalina, come blanda scossa rimacinante il solito, stantio immaginario autoreferenziale (manca solo il genere slasher solo perché nella trama avevano già inserito tutto, dalle streghe alle bambole).

Si guardano film simili e si rimane turbati dal fatto che qualcuno ne possa rimanere turbato, invece di cadere in catalessi come se stesse rivedendo i filmini delle vacanze del 1982 con gli anziani parenti.

E non è accettabile che un film sperimentale e d’avanguardia del 1991 sia molto più audace, artistico e autoriale dell’ennesima produzione tecnicamente e visivamente ricca di un ormai milionario James Wan che si potrebbe permettere di non continuare a fare la sua cosa, cioè guardare ancora indietro verso gli anni d’oro dell’horror yankee, dagli albori agli anni ’80, e riproporceli in dolby digital, e non provare alcun imbarazzo a dirigere il seguito di Insidious dopo averci riproposto la versione de L’esorcista ai tempi della famiglia Bradford.

Sto rimpiangendo Saw, che sembrava aver sradicato il puritanesimo degli horror americani, salvo diventare il capostipite di una delle serie più ipocritamente pornoludiche degli ultimi anni, finendo nel tritacarne che tutto rende rassicurante e giocoso, persino la tortura più estrema.

La cinematografia di Wan sta diventando il nuovo punto di riferimento per stabilire chi difende il potenziale viscerale del genere e chi invece ne vuole perpetrare una visione ludica che non riesce nemmeno, in quanto bigotta, a essere onestamente malsana.

Se difendete quella tipologia di horror non avete la benché minima idea di che cosa significhi ambire a farsi scoperchiare i neuroni e siete dei pavidi reazionari in pantofole giustificabili solo se avete il background cinematografico di un bambino.

O se guardate un horror yankee all’anno, almeno non parlatene con noi nati negli anni ’70 perché vi rincorreremo, ci romperemo un femore, lo raccoglieremo e ve lo lanceremo contro.

Concludo questo sfogo leggero, prima di riprendere le sporadiche trasmissioni in Settembre, segnalandovi pure un mio disordinato post scardina-bigotti (di ambo le fazioni)* ospitato su diecimila.me in cui ho cercato di mettere la prospettiva attraverso cui tendo a guardare pure i film: preferisco dare e ricevere adulti schiaffi che infantili buffetti.

*C’eravamo tanto odiati, ovvero: praticare rimming a un pupazzo di neve

5 commenti su “Begottens, bigotti e congiuranti

  1. Death
    20/08/2013

    Il punto è proprio che Begotten è sperimentale e d’avanguardia (e quindi può fare il caspita che gli pare, anche far vomitare un fantoccio per 30 minuti), Conjuring (che non ho visto) è commercialone. Anche Mehrige, alle prese con budget più cospicui (e dunque responsabilità) ha girato Suspect Zero (non che sia un brutto film, però…).
    Secondo me Wan, pur essendo derivativo praticamente in tutto, è comunque l’unico a tenere l’asticella dell’horror mainstream su livelli dignitosi. È un po’ bearsi del “meno peggio”, ma tra ultimi esorcismi, altre facce del diavolo e attività paranormali, boia, Insidious tutta la vita e W Darth Maul!
    Però uno sfogo è uno sfogo, e quindi va bene così 😀

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  2. Lenny Nero
    20/08/2013

    Però è pericoloso chi ha mezzi e talento (e Wan ne ha da vendere) per sostenere una certa visione addomestica dell’horror. E’ come un enorme blob che fagocita tutto in quanto macina soldi a palate e questo lo porta in alto, lo rende potente. Io spero che dopo aver rifatto l’ennesimo film uguale a se stesso per 45 volte finalmente Wan si decida a tirare fuori i coglioni e a ribaltare il tavolo. Pia illusione, temo. (Se poi la metti sul piano meglio Insidious di L’ultima svomitata 23, siamo d’accordo, ma è proprio quello il punto! Sparare contro il filmettino prodotto da Raimi o Oren Peli è inutile, criticare Wan è centrare il bersaglio grosso, non la Croce Rossa. Ho superato i 35, mi accontentavo del meno peggio a 12 anni! A ricordarseli…)

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  3. L’articolo in coda me lo leggo con calma.
    Io il buffetto infantile te lo do lo stesso ma per quanto riguarda il film di Wan. Ti ringrazio di aver messo, come al solito, in chiaro quello che avrei voluto dire io, quello che sto cercando di esprimere nei vari commenti alle recensioni semi-entusiastiche, e non riesco per la mia ignoranza dialettico-grammaticale.
    Ho già espresso che considero Wan il Bay dell’horror (grande tecnica e talento ma zozzoni maledetti). Se questo è il film che sta vincendo ai botteghini e che viene considerato HORROR, andrà a finire molto male.
    E quel Begotten lo devo davvero recuperare.

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  4. Ah! E buone ferie per quello che conta 😉

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  5. Pingback: Disneificazione dell’immaginario | Malpertuis

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