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Peace is for pussies

El Orfanato (L’orfanotrofio)

orfanato.jpgIl 27 Settembre la Academia de las Artes y las Ciencias Cinematográficas ha proposto El orfanato“, dell’esordiente Antonio Bayona, quale candidato per la Spagna a concorrere per il premio Oscar al miglior film straniero.

Dopo “Il labirinto del fauno“, premiato con diversi Oscar, un altro film spagnolo con elementi horror tenta l’assalto di Hollywood.

Se la statuetta più ambita non fu assegnata ad un capolavoro sfiorato come quello diretto da Del Toro, dubito fortemente che avrà qualche misera chance questo remix (pur funzionante nella sua meccanica stereotipata) di almeno altri 10 film di genere, ma a cui un pubblico distratto, e poco critico, potrebbe regalare un ottimo successo, come già accaduto in madre patria.

Laura sogna di trasformare l’orfanotrofio in cui crebbe da bambina in un istituto per bambini disabili.

L’ex-orfanotrofio è allestito in una gotica villa con giardino in vicinanza del mare, memore nella struttura e nell’aspetto di molti altri film il cui nucleo della storia ruota intorno a case infestate (“The haunting” ed in particolare il sempre iberico “Darkness” tornano subito in mente!).

Insieme a Laura, un marito dalla personalità opaca ed un bambino adottato, Simon, infetto da HIV.

Durante una passeggiata dentro le grotte marine, Simon racconta alla madre di avervi trovato nascosti degli altri bambini con i quali ha pure parlato.

Lungo la strada del ritorno, Simon lascerà disseminate per strada, come le briciole di Pollicino, alcune conchiglie, guidando alla casa impalpabili presenze.

tomas2.jpgNon è raro che un ragazzino di 7 anni possa inventarsi degli amici immaginari per sopportare la solitudine, ma Laura inizia a preoccuparsi per la salute mentale del figlio quando il suo comportamento rimbalza tra lo squilibrio e l’aggressività stizzita, dovuti al fatto che la madre non crede assolutamente alla presenza di fantasmi nella casa, tra cui quello del misterioso Tòmas.

Durante la festa di inaugurazione dell’istituto, popolata di bambini disabili, tra cui alcuni mascherati per coprire le loro deformità (usanza un po’ troppo antica per essere credibile ai giorni nostri; qualcuno vi ha voluto vedere un omaggio alla freak-fotografa Diane Arbus), Simon insiste con la madre perchè lo segua: gli avrebbe mostrato il nascondiglio di Tòmas.

Laura rifiuta e Simon fugge arrabbiato.

La lunga sequenza successiva, una delle più drammatiche di un film progettato a tavolino per farci commuovere col racconto di terribili drammi, si apre con l’apparizione di un bambino dal volto coperto con un sacco che lo rende simile ad uno spaventapasseri.

Questi aggredisce Laura mordendola ad una mano e la chiude in bagno.

Riuscita ad uscire e resasi conto che Simon è scomparso, Laura corre disperata ovunque per ritrovare il figlio (tranne nei posti più sensati, una delle maggiori critiche alla trama del film, ma è proprio questo punto debole il perno della finale rivelazione shock); la visione di una figura infantile tra i flutti del mare e le inconcludenti ricerche condotte dalla polizia convincono tutti che Simon sia morto.

Laura ed il marito per quasi un anno si dannano tra fallaci ritrovamenti, gruppi di ascolto che vogliono solo convincerli ad elaborare il lutto e volantini appesi in giro per la cittadina.

Tuttavia la casa sembra inviare segnali attraverso rumori e strani eventi il cui significato verrà compreso da Laura troppo tardi: dal mondo dei fantasmi qualcuno la vuol portare da Simon ed il modo utilizzato è quello di un infantile caccia al tesoro.

Allora i fantasmi dei bambini esistevano davvero?

Laura inizierà in modo maldestro indagini personali sul passato dell’orfanotrofio e capirà che lei è stata fortunata, in quanto adottata in tempo prima che gli altri suoi piccoli compagni sparissero nel nulla.

E scoprirà pure l’identità di Tòmas: un bambino affetto da una sindrome genetica, terribilmente sfigurato e costretto a vivere separato dagli altri in una stanza segreta.

Da qui in poi la trama è un susseguirsi di scoperte ed eventi soprannaturali in cui solo chi sospendererà la propria incredulità (spettatore compreso) avrà modo di “vedere” ciò che è celato nell’altra dimensione.

I pregi del film sono veramente tanti, controbilanciati da difetti così macroscopici che inficiano un pieno godimento della pellicola.

La fotografia è splendida, altalenante tra paesaggi luminosi ed una villa escheriana costantemente immersa in tenebre sempre più profonde.

Inoltre il film riesce, rielaborando archetipi e stereotipi a man bassa,  a regalare molti brividi, senza avvalersi del solito “colpo dolby che non ti aspetti” o di effettacci gore (tranne in un paio di scene che farebbero saltare sulla sedia anche Jack lo squartatore), ma solo di fluidi movimenti di telecamera, inquadrature oblique e suoni di dubbia provenienza, tutti elementi di cornice utilizzati da chi vuol creare un instant-classic.

Da un punto di vista prettamente formale, infatti, il film non è assolutamente originale, e non credo ambisca ad esserlo: penso che il regista abbia adottato, pur con ottimo gusto, la via più facile per costruirsi un trampolino di lancio carrieristico, ma vista la trama da ghost-story la scelta è stata comunque accorta.

Il ritmo, finalmente, non è quello epilettico degli horror ultima maniera, ma di un film europeo che permette allo spettatore di farsi avvolgere da lugubri atmosfere, senza comunque mai annoiarsi, date le continue sorprese e qualche intelligente ellissi.

Là dove servono climax emotivi il regista dimostra di avere un innato senso dei tempi.

Durante una sequenza assolutamente inutile, ma da brivido, una medium (Geraldine Chaplin) seguirà sotto ipnosi le presenze ectoplasmiche fino ad essere condotta in una stanza in cui è probabilmente accaduto qualcosa di orribile.

Le urla dei bambini si affrastagliano su di loro, i monitor che seguono la donna impazziscono e la situazione sfugge al controllo.

Tutto si risolverà al meglio per la donna, ma nel frattempo saremo in piena tachicardia.

Se non bastassero i momenti raggelanti disseminati a profusione, la seconda parte della pellicola presenta anche sfumature di follia: Laura è costretta a regredire non solo nel passato, ma al comportamento di una bambina per capire un linguaggio che ormai non comprende più, una incomunicabilità che è alla base di un involontario ed atroce delitto.

Assistere ad un’adulta che gioca crea una discrepanza tra ciò che ci si aspetta da un individuo sano di mente e ciò che si vede sullo schermo; eppure questo comportamento irrazionale sarà la chiave di volta della storia.

Son sicuro che nella memoria del pubblico rimarrà ben impresso nella retina il momento in cui Laura per evocare i fantasmi dovrà giocare a quello che in Italia chiamiamo “1,2,3, stella”.

Ad ogni colpo della mano sulla parete i bambini inizieranno ad apparire, avvicinarsi e dato che la medium ha rivelato che solo chi sta morendo può vedere i fantasmi (ecco perchè Simon possedeva questa facoltà) si insinua il dubbio che forse per Laura quei teneri marmocchi siano annunciatori di presagi letali.

E così un gioco innocente diventa un annuncio di morte.

Se El orfanato funziona da un punto di vista emotivo in modo talmente efficace che vedremo fiumi di persone uscire in lacrime dalle sala (chi sarà rimasto dentro, è perchè è stato colto da infarto), non mi sento però di elogiare una pellicola che, in ultimo, nonostante la patina autoriale, non ci regala un solo momento di originalità e di personalità nella regia.

L’aggettivo migliore per definirlo è multireferenziale.

La storia ha affinità per atmosfere e trama con “The others“, che già a sua volta si ispirava ad altre fonti (e, per lo meno, Amenàbar è un vero autore).

Le carrellate infinite lunghi i corridoi e certe inquadrature degli interni sono prese di peso da “Darkness” di Jaume Balaguero (la differenza fondamentale, oltre alla presenza di una cifra stilica personale, è che il mistero di quest’ultimo risiedeva in un Male impalpabile, per quanto sanguinario, mentre “El orfanato” punta ai cuori più fragili inserendo sprazzi di melodrammi familiari e massacri di bambini. Non ci posso fare nulla: anche se ha fallito nella sua missione affidatagli dalla polizia del karma, a me Erode sta simpatico!).

Per quanto riguarda i film con haunted-houses in cui suoni angoscianti, vetri rotti e scricchiolii di porte la fanno da padroni, sono così tanti che dovrei scrivere un post apposito, e che peste mi colga se un’idea simile mi attraversasse mai il cervello: dovrei prendermi un anno sabbatico!

Tuttavia i difetti più fastidiosi, soprattutto per un film che aspira a premi internazionali, sono dei buchi di sceneggiatura, che assumono spesso l’aspetto di voragini, per non parlare di diverse incongruenze, contraddizioni interne ed il famigerato colpo di scena finale che se da una parte è un pugno nello stomaco (sì, forse anche per Erode lo sarebbe stato, bisogna ammetterlo e pure a me si è mozzato il fiato) poggia su un episodio del film che a voler essere pignoli è così stolto e sciocco che ci si sente francamente presi per i fondelli.

Su IMDB esiste addirittura un thread per sviscerare i problemi dello script ed i giudizi sul film variano dall’1 al 10, senza vie di mezzo.

Il film lo consiglio comunque a tutti, ma piacerà a chi preferirà lasciarsi emozionare chiudendo a doppia mandata ogni porta neuronale.

Guillermo Del Toro, “presentatore” ufficiale, lo sta propagandando a mezzo mondo neanche fosse il capolavoro del millennio, e proprio non lo è.

E’ un film palesemente commerciale, ottimamente diretto, ma col preciso scopo di attentare a dotti lacrimali e portafogli.

Lo dimostrano anche il prolisso finale, tanto patetico che non può che essere stato costruito per strizzare fino all’ultima goccia gli occhi degli spettatori, e la scelta in qualità di attrice protagonista di Belén Rueda: affascinante, ma non algida come Nicole Kidman, e sui cui sbalzi emotivi si regge tutto il film, e di questo le rendo onore: recita molto intensamente e metà delle scene sono incentrate su di lei, ma ogni tanto immagini il regista che le urla “Falli piangere di più!”.

Per riassumere in due parole le caratteristiche principali di “El orfanato“, scriverei “tears and chills”.

Se dai tempi di “The others” non vi siete mai più imbattuti in una ghost-story lacrimosa, priva per altro dello spessore intellettuale del primo (molti non hanno colto il criticismo sadico verso l’ottusità bigotta di coloro che considerano verità un testo sacro e non credono che sia menzognero neanche di fronte ad un’inattesa realtà ultraterrena), non posso che dirvi di accorrere: ne verrete soddisfatti.

Se vi aspettate un nuovo capolavoro dell’horror spagnolo, invece che un melodramma diabetico con fantasmi e omicidi a corredo, giusto per non farsi mancare un genere, abbassate l’hype e godetevi la pregevolissima forma, che comunque non vi farà certo gridare al miracolo.

E soprattutto munitevi di insulina.

7 commenti su “El Orfanato (L’orfanotrofio)

  1. daniele
    26/12/2007

    bocciato. questo film è da me bocciato. ero a barcellona quando chiesi ad alcuni miei amici di cosa parlasse questo film che veniva pubblicizzato ovunque nel migliore degli stili… e tutti ne parlavano benissimo. poi sono tornato in italia e l’ho visto. ottima la fotografia, un buon esercizio di stile… ma poi? concordo con te nel dire che la scena del “uno, dos, tres, toca la pared” mi rimarrà impressa a lungo per l’improvvisa accelerazione del battito cardiaco che ha suscitato in me: ma oltre a questo non ho visto alcuna novità, anzi mi è sembrato alquanto banale… per carità, posso dire che è girato bene, ma purtroppo non mi ha convinto affatto… e il fatto che addirittura debba rappresentare la spagna agli oscar mi fa venire la pelle d’oca… non aveva già fatto abbastanza (maldestramente) jaume balaguerò??? di sicuro non perderò tempo a rivedere una seconda volta questo film. nè tantomeno chiederò mai più un parere su un film ai miei amici di barcellona…

    P.S. ti piace gus van sant? hai visto paranoid park? che te ne pare? passa delle buone feste.

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  2. Lenny Nero
    26/12/2007

    Caro Daniele,

    in effetti il mio giudizio è abbastanza in sintonia col tuo, anche se ammetto che tutto sommato (escluso lo strascico finale veramente inutile e zuccheroso), mi sono divertito e nel mio post ho cercato di spiegare pregi e difetti (alcuni veramente fastidiosi e capisco la tua reazione).
    Ad un certo punto ho capito che il film era solo un giocattolone commerciale e ho continuato a vederlo con quello spirito.

    Per il resto, che rappresenti la Spagna agli Oscar mi pare un pessimo segno per il cinema spagnolo!

    Gus Van Sant mi piace in modo discontinuo.
    Io son rimasto molto affezionato a “Belli e dannati”, ma sicuramente è un regista personale e per molti aspetti innovativo, una specie di cane sciolto.

    Non ho ancora visto “Paranoid Park”, ma è in lista 😉

    Buone feste anche a te!

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  3. daniele
    26/12/2007

    …è solo che ultimamente più vado al cinema e meno trovo film che mi emozionano davvero…

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  4. macedone
    07/05/2008

    Non sono molto daccordo con i giudizi dati. Non sarà certo il capolavoro che rivoluzionerà la storia del cinama, come forse i più pretenziosi si aspettavano. Ma se guardiamo il genere che tratta, a parer mio è un bel film. Le inquadrature sono pulite, la fotografia ottima, ottima l’interpretazione della protagonista. Se accusiamo il regista di poca originalità, vorrei far notare come da sempre gli horror spesso ne siano privi. Quindi possiamo considerare simili nel ruolo, Jason e Michael Myers senza tralasciare che siano protagonisti di film considerati cult. E The Others, sarebbe così originale dopo aver visto il sesto senso?Be per me non lo è stato, ma posso comunque affermare che mi siano piaciuti e se pur simili nel finale, per la capacità narrativa non siano affatto banali. Così come non lo è questo film, che anche se si rifà a temi già trattati in altri lungometraggi del genere, li fonde con maestria e tiene lo spettatore su una corda di violino, in attesa che la scena seguente sveli il mistero. Buona visione a tutti.

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  5. MARCO
    01/12/2008

    Vi credete tutti dei grandi critici cinematografici . Bravi! Ma dite che è un bel film horror!!!

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  6. Lenny Nero
    01/12/2008

    @Marco:

    mi pare che dalla recensione emerga che sia un ottimo prodotto di intrattenimento.
    Se poi il peccato è aver messo qualche puntino sulle i, non faccio di certo mea culpa.
    Non esistono “bello” e “brutto”.

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  7. Pingback: El orfanato: recensione del film

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