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Peace is for pussies

Deformografia I. Francis Bacon

Fino al 29 Giugno 2008 è possibile visitare presso Palazzo Reale a Milano una mostra antologica dedicata a Francis Bacon, contenente moltissime opere inedite per l’Italia.

Nella stessa giornata ho visitato la doppia esposizione di Joel Peter Witkin e Jan Saudek.

Stilema in comune tra artisti così differenti la rappresentazione della realtà attraverso la deformografia, sebbene con finalità e mezzi persino antitetici concettualmente.

Ammirare un’opera di Bacon (per quanto ritenga che il quasi coevo Ferroni, in una sua precisa fase artistica, ripercorrendo, consapevolmente o meno, le tracce del pittore angloirlandese lo superi sovente in compattezza ed ingegnosità) è un’esperienza davvero particolare che una riproduzione fotografica non rimanda del tutto, perdendosi la matericità carnale delle sue opere.

Senza dilungarmi in una disanima di Bacon (non solo non ne ho la competenza, ma presenzialista ed impegnato com’era a giustificare e spiegare costantemente la sua arte, in un misto di narcisimo ed insicurezza esasperati, potete reperire da mille fonti sue dichiarazioni ed interviste autoesplicative), cerco di definire i punti essenziali della sua importanza nella storia dell’arte moderna.

La sua ascesa al podio di “artista vivente più importante del mondo” iniziò anche a suo dire nel 1945 con l’esposizione a Londra di “Tre studi di figure per la base di una crocifissione“, dipinto realizzato l’anno prima.

In un mondo ancora in preda all’orrore della seconda guerra mondiale, prima ancora che divenisse di dominio pubblico l’apogeo di morte dell’Olocausto, Bacon riduce le sue figure umane a poltiglie urlanti.

Il grido di aiuto nel silenzio e nella solitudine diventa quasi un suo marchio di fabbrica.

Rifuggendo dall’astrattismo, da lui considerato una forma d’arte che si ferma ad un mero livello estetico, e traendo lezione dalla sua esperienza di designer e dall’opera di Picasso, affronta di petto la realtà cercando di rendere nel modo più nudo e crudo l’apparenza, ponendo al centro dell’opera la figura umana, costruendo intorno ad essa spazi minimali, false prospettive e precari punti di appoggio per corpi che sembrano liquefarsi, in movimento, vivi e marcescenti allo stesso tempo sotto la patina che li ricopre e li maschera.

Bacon non vuole neanche raffigurare infrastrutture o simboli inconsci, è molto più interessato alla carne esposta sui banchi del macellaio; non vuole rileggere l’esistenza umana, ma farne l’autopsia, riproporla per quella che è veramente.

Attraverso il paradosso della deformazione, fissa sulla tela tutto ciò che di un volto o di un corpo colpisce i sensi nel profondo; Bacon usa il termine “emanazione“, esattamente come Platone.

Il suo è uno studio anatomico della realtà che ottiene costantemente come risultato una visione terribile, cupa, orrorifica, anche se Bacon ci tiene a sottolineare che lui non cerca l’orrore, ma è la vita che ne è intimamente pervasa.

La maggior parte delle opere raccoglie studi, prove, trittici, risultati di un’esperienza pittorica convulsa e sempre insoddisfatta, spesso costituita da pennellate che sembrano istintive, rabbiose, apparentemente casuali, che rendono perfettamente la sua concezione dell’immagine come immagine in movimento, pulsante.

Anche se (si) vantava di ispirarsi ai grandi classici, da Velazquez, a Goya e persino alla statuaria greca, i suoi quadri si nutrono di un ego che rifiuta le correnti dell’epoca quasi in toto, volendo a tutti i costi essere originale e dirompente, e di elementi estremamente moderni.

Il suo atelier era una fonte caotica ed inesauribile di immagini e ritagli di giornale (gerarchi nazisti, incidenti d’auto, scatti dei suoi modelli), ed il cinema di Ejzenstejn, i cortometraggi con i lottatori di wrestling (trasformati in sodomie animalesche), i testi di radiologia o con fotografie di presunte apparizioni ectoplasmiche sembrano molto più influenti, denotandone un percorso artistico ed un immaginario sui generis, assolutamente personale.

Bacon si pone lo stesso interrogativo che si pose Hitchcock quando realizzò per il governo americano i documentari sui campi di concentramento: come poter riprendere quella realtà senza farla sembrare fiction, falsa, illusoria, ancora una volta anestetizzata ed anestetizzante, antidoto a se stessa?

Bacon scelse la strada di una percezione sensoriale che in modo obliquo ci conduce dietro al palco dell’animo umano, una raffigurazione che non è idealizzata, ideologica e nemmeno psicoanalitica, ma mutante e nichilista.

Lo specchio di un horror vacui in cui i suoi personaggi crocifissi si accasciano come carcasse di vermi o si dissolvono urlando dopo il fallimento del loro tentativo di conferire significato alla propria esistenza, abbattendosi e frantumandosi.

“Indicò una riproduzione sulla specchiera di uno dei papi urlanti di Francis Bacon come se si riconoscesse in quel pontefice folle che aveva intravisto il vuoto nascosto dietro il concetto di Dio. Preso da uno strano impulso, un giorno aveva dato quella riproduzione a Cruise e gli era piaciuta tantissimo. <Richard, dimmi un po’: contro cosa sta urlando?>. <Contro l’esistenza. Si è reso conto che Dio non esiste e che l’umanità è libera. Ammesso che si sappia cosa significhi essere liberi.>” da “Regno a venire” – J. G. Ballard

5 commenti su “Deformografia I. Francis Bacon

  1. zonekiller
    05/05/2008

    Grande sito!
    ti ho appena scoperto e mi sento già un Judas…
    http://www.scaglie.it

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  2. Lenny Nero
    06/05/2008

    @zonekiller:

    Grazie Zone!
    Molto bello il tuo post su Bacon, credo includero’ il link all’interno del mio.

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  3. zonekiller
    08/05/2008

    veramente onorato dell’inclusione…a proposito anch’io mi sono rivisto Love is the devil di recente e stavo pensando di parlarne in un post…anche perchè all’epoca le recensioni furono quasi tutte negative, invece il film mi colpì molto (come spesso accade ed è uno dei motivi per cui ho aperto il blog) e non solo visivamente…splendida la tua recensione su Witkin (altro di cui avevo in mente di parlare a breve)…Gloria e Vita alla Nuova Carne!

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  4. Lenny Nero
    08/05/2008

    @zonekiller:

    un altro videodrome-addicted? 😉
    (se scartabelli fra i miei post ce n’è uno proprio dedicato a Cronenberg).

    Per me, inutile dirlo, LITD è un capolavoro, il che non significa perfetto, ma lo è anche perchè è un film radicale, compatto, duro, personalissimo eppure secondo me coglie degli aspetti del modo di pensare di Bacon che ad un’analisi superficiale sfuggono.
    Inoltre il lavoro visivo compiuto da Maybury è da urlo.

    Witkin in realtà è piu’ classico di quanto sembri, ma i taboo che tocca sono tutt’ora modernissimi ed attuali.

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  5. Simo
    01/02/2010

    @ voi …
    Sono d’accordo, nella sua, apparente imperfezione, si percepisce la sua voglia di raccontare la realtà e sputartela in faccia , senza preoccuparsi dove colpirà……..ma per farti sentire quello che veramente è….
    il lavoro di MAYBURY MI HA COLPITO nel profondo, proprio dove le immagini pulsanti di BACON riescono ad infilzarmi la carne e a farsi strada dietro le quinte della mia vita…………..

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Questa voce è stata pubblicata il 27/04/2008 da in Flussi di incoscienza con tag , , .

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